Illustrissimo Maestro Venerabile, carissimi Fratelli tutti,
ho avuto l’ occasione di essere stato ospite in Cina per due volte. Undici mesi nel 2010-2011, dieci mesi nel 2013-2014.
Shanghai (una delle due città che mi ha ospitato assieme a Pechino) è rimasta immutata, con gli stessi monumenti e strade e i giochi di luce che di sera abbagliano e lampeggiano e avvolgono il visitatore che si trova a percorrere i larghi boulevards. Ciò che vidi lo rividi. Immutato. Riguardando le fotografie che avevo scattato, a tre anni di distanza vedo, però, il racconto di una città differente. “Come mai?, mi sono chiesto, “cosa può essere cambiato se nulla è cambiato?”. Le fotografie del 2010-11 illustrano una metropoli con monumenti, grattacieli, con le insegne di noti marchi pubblicitari.
La raccolta di foto del 2013-14 mostra prevalentemente persone, bambini, cibi mentre le foto dei monumenti indugiano a ricercare e a richiamare il loro intrinseco disegno architettonico.
Mi sembra ancora di sentire, rivedendo le foto, rumore di gente, di veicoli, e altro: il visitatore non può fare altro che lasciarsi trasportare in questo tramestio di vitalità sparsa e di vigore .
Nel primo viaggio il visitatore che c’era in me non si è interrogato sulle cose e sulla ragione, e in maniera aprioristica e dogmatica ha accettato quanto gli veniva offerto, senza approfondimento, senza ulteriori domande, senza la ricerca di una risposta.
Nel secondo viaggio del 2013-14 invece il visitatore, scevro da pregiudizi e con umiltà, più aperto a nuovi stimoli e ansioso di conoscenza, ha approcciato la gente, si è interessato alle linee architettoniche dei monumenti, ha gustato i sapori che la terra d’oriente offriva. Ho compreso cose che prima non avevo colto. Che sorpresa per me scoprire come nella cultura cinese e come anche nel linguaggio comune dei cinesi per un uomo che non ha “squadra e compasso” si intende un uomo avulso da una società che si basi su onore e virtù e che vada al di là dei meri ed effimeri vantaggi estemporanei. Senza compasso e squadra nell’opinione comune della gente, anche i più esperti costruttori non sono in grado di produrre “quadrati o cerchi perfetti”. Deriva da questo concetto come tutti gli uomini debbano usare questi strumenti in maniera figurata nelle proprie vite se vogliono camminare sulla via retta della saggezza e tenere dentro di se onore e virtù.
Non stupiscono le parole di Mencio (390-305 AC), ottimo discepolo di Confucio, che scrive testualmente: “Un maestro d’arte, nell’insegnare all’apprendista, fa uso della squadra e del compasso. E anche coloro i quali sono occupati nella ricerca della sapienza devono fare uso di squadra e compasso”. E ancora: ”Il compasso e la squadra sono la materializzazione del cerchio e del quadrato, proprio come gli antichi profeti erano l’incarnazione delle costruttive relazioni tra uomo e uomo”.
Mi sono sorpreso nel trovare, durante la visita al Tempio taoista di Wu-Liang a Jiaxiang, nella provincia di Shandong, eretto nel II secolo DC, un dipinto raffigurante quella che nella mitologia cinese è considerata la coppia primigenia da cui discende l’umanità: questa coppia è formata da 伏羲 (Fú Xī) (il maschio, la squadra, il quadrato, il Sole), uno dei cosiddetti “三皇 (Sān Huáng) (Tre Augusti)”, ovvero i sovrani mitologici della Cina, e dalla sua consorte 女娲 (Nǔwā) (la femmina, il compasso, il cerchio, la Luna).
Fratello e Sorella, hanno code di serpente intrecciate, e sono rappresentati ciascuno con in mano il proprio simbolo: 伏羲 (Fú Xī) tiene in mano una squadra, mentre 女娲 (Nǔwā) impugna un compasso. Compasso e squadra, cielo e terra, lo yīn 阴 e lo yáng 阳, forze opposte e contrarie, ma così complementari da essere indivisibili e imprescindibili l’una dall’altra. Negli ideogrammi che li rappresentano, il termine “compasso” 规 (guī) è composto da due caratteri: 夫 (fū), che significa “uomo” o “lavoratore” e 见 (jiàn), che significa “vedere”; “squadra” 矩 (jǔ) è composto dai caratteri: 工 (gōng) “lavoro” e 失 (shǐ), che significa “freccia”, un simbolo cinese che indica la rettitudine.
E l’espressione: 规矩 (guī jǔ) (letteralmente “compasso e squadra”) è usata comunemente dai cinesi e significa “stare alla regola”, “comportarsi bene”, o “autodisciplina”. Ho guardato poi gli stessi monumenti e mi è sembrato di “vederli” per la prima volta. Ho cercato, allora, di intuire la fusione tra dimensione materiale e dimensione spirituale che ispira l’architettura cinese sia tradizionale sia moderna, che fa proprio l’assioma “天圆地方 (Tiān yuán dì fāng)” cioè “il Cielo è circolare, la Terra è quadrata”.
Un esempio lampante di ciò lo si riscontra nel Tempio del Cielo, uno tra i più noti e celebrati monumenti di Pechino. È un tempio taoista costruito tra il 1406 e il 1420: diverse caratteristiche del complesso del Tempio simboleggiano la connessione tra Cielo e Terra, quindi tra cerchio e quadrato. L’intero complesso è circondato da due cordoni di muro: il muro esterno termina a settentrione alto e semicircolare e rappresenta il Cielo mentre la parte meridionale è più bassa e quadrata e rappresenta la Terra. Inoltre l’altare possiede una forma circolare ma viene eretto in un cortile di forma quadrata. Un’importante conferma è rappresentata dal Museo di Shanghai: fondato nel 1952, il Museo fu ricostruito nella sua attuale posizione nel 1996, è un museo di arte antica cinese ed è considerato uno dei musei moderni più importanti del mondo; la sua forma architetturale è di base quadrata e tetto circolare. Mi sono arricchito conoscendo alcuni Fratelli cinesi della Gran Loggia di Cina allo “Square & Compass Club” di Shanghai.
A loro ho parlato dei miei Fratelli della Acacia Magistri Cumacini. Ho ascoltato i loro discorsi. Mi hanno ragguagliato sul fatto che pur essendo bandita la Massoneria in Cina e potendosi riunire ritualmente ed ufficialmente solo a Taiwan non per questo, coraggiosamente, sono sempre pronti a manifestare le idee che fanno da solido background e che sorreggono i nostri valori universali. Ricordo che ad un certo punto il Maestro Allen Lai, già Maestro Venerabile della Loggia Tang N°9 all’Oriente di Taipei e Segretario dello S&C Club, mi rivolse una domanda che giudicai sul momento imbarazzante. Mi chiese che cosa avesse maggiormente attirato la mia curiosità circa alcuni usi e costumi dei cinesi. Mi invitò, percependo il mio imbarazzo, ad essere franco e diretto. Dissi allora che mi aveva assai stupito come i padri di famiglia si recassero periodicamente nel parco di Piazza del Popolo a Shanghai e mettessero in mostra la fotografia di una figlia al fine di interessare un eventuale e possibile marito.
Il Maestro sorrise e penso abbia capito chiaramente il senso della mia domanda allorquando per risposta disse che per la loro cultura è un fatto assolutamente normale in quanto il tutto avviene non già attraverso pregiudizi deontici, beansi per criteri areteici, cioè che la moralità non deve essere nel modo di apparire bensì nel cuore, nell’anima quindi nel modo di essere. È dai Fratelli cinesi che ho appreso il motto con il quale il Maestro Venerabile della nostra Loggia ha acconsentito di dare il titolo a questa Tavola: 年年高 (Nián nián gāo), che può essere tradotto come “Anno dopo anno cercare di migliorarsi e di spingersi più in alto”. Senza che questo ne diminuisca il valore, il motto è stato da me appreso quando sono stato invitato per due volte come ospite al desco dei Fratelli cinesi. Il 年糕 (Nián gāo) è in realtà una pietanza servita durante il Capodanno cinese, un tortino a base di riso agglutinato con zucchero, noci, datteri e foglie di loto. Mi hanno spiegato che nutrirsi con tale tortino significa voler porsi in “高 (gāo)”, cioè confermare il desiderio e la volontà di voler crescere. Anche in una semplice portata possono celarsi cultura e insegnamenti. Ogni piatto porta con sé ingredienti dal sapore differente, questo perché ogni pasto è, come dicono in Cina, “rotondo”, cioè armonico al punto di richiamare il cerchio e la sua rotondità. Ogni elemento vitale si regola sull’equilibrio di cinque elementi: legno, fuoco,terra, metallo e acqua. Appare logico allora che ogni piatto possa contenere i sapori: aspro (che richiama il legno), amaro (per il fuoco), dolce (per l’elemento terra), piccante ( per il metallo) e salato (per richiamare l’elemento acqua). La vita scorre in una dinamica armonia se tutti gli elementi si fondono e cooperano per il fine ambizioso della energia vitale.
Tornare in Estremo Oriente per la seconda volta è stato un arricchimento non solo morale, ma anche culturale e conoscitivo e questo è diretta conseguenza e merito di chi mi ha regalato i mezzi per capire aspetti nuovi e significativi che altrimenti non avrei saputo vedere e neppure intuire. Per questo, anche per questo, devo ringraziare chi mi ha dato modo di essere così e la maniera di diventare così.
Ogni cosa in più capita e compresa è frutto del lavoro fatto in questo Tempio, Tornata dopo Tornata, grazie allo stimolo indotto dai Fratelli di Loggia e agli insegnamenti promulgati dai Maestri che mi hanno indirizzato e che mi indirizzano ogni volta a crescere nel mio percorso. Posso serenamente affermare che in tre anni non è cambiata la Cina, ma è cambiata, per merito di chi mi insegna in questo Tempio, la persona che ha vissuto in Cina.
Ho detto.
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